Grazie alla vulcanologia, all’archeologia, alla storia e ad una viva compassione del comportamento umano è possible arrivare ad una interpretazione assai immediata dell’eruzione del vulcano Vesuvio su Pompei nel 79d.C. Basta immaginare il ritmo serale dei pompeiani dodici ore prima della valanga che distruggerà la città. Al termopolio (bar/alimentari) ci si preoccupa della mancanza di acqua (pensando ad un terremoto) o della sparizione degli animali dai boschi sulla montagna. In Via dell’Abbondanza abita un ex-schiavo arricchito, Caio Giulio Polibio che, assieme ad altri banchieri e imprenditori, decide la vita politica al momento delle elezioni; si possono leggere vivaci scritti eletttorali sui muri che attestano le risse tra i vari clan.

All’indomani, dodici ore piú tardi, al Tempio di Giove al Foro la gente indica una strana nuvola sulla sommità di Vesuvio e sentono il brontolio cupo del vulcano che accompagna una colonna di gas e di ceneri. Il fenomeno suscita panico e incredulità in città. Al triclinio dove si riparano gli affreschi i lavoratori si precipitano fuori lasciando i vasetti di colore per terra. La colonna raggiunge 4 chilometri di altezza, il sole scompare e crea il terrore dell’oscurità. Arriva una pioggia di pomici leggere accompagnate da pezzi di sassi neri e duri, veri proiettili che penetrano il corpo umano. Poi arriva una seconda colonna piroplastica di gas e di polvere che infiltra e brucia i bronchi. Le vittime non hanno nessuna difesa – tipico è un gruppo di 13 persone che rimangono vaporizzate insieme ai loro piccoli beni personali.

Grazie Antonio di una serata commovente.