Enrica si è lasciata guidare dalle parole di Rita Levi Montalcini stessa per arrivare a un quadro completo della lunga vita (1909-2012) di questa donna straordinaria.

Ai genitori Rita attribuì un particolare modo di essere, “una naturale tendenza di interpretare fatti e persone dal lato più favorevole”, comportamento che favorì in lei un durevole atteggiamento positivo e ottimista.

Nonostante l’opposizione del padre, Rita rifiutò l’esistenza della “donna bloccata” e si ostinò ad arruolarsi in medicina all’Università di Torino, laureandosi nel 1936 e specializzandosi successivamente in neurologia. Nel 1938 le leggi razziali ostacolarono la sua carriera, obbligandola alla vita errante (Bruxelles – Torino – Firenze) ma lei considerò queste esperienze “la mia fortuna, perché mi hanno obbligata a costruirmi un laboratorio in camera da letto.” Invitata nel 1946 a trasferirsi al dipartimento di zoologia dell’Università di Washington, nel 1952-53, scoprì il fattore di crescita nervosa, fondamentale per la comprensione del cancro, dell’Alzheimer e del Parkinson.

Separata dalla famiglia e da “questo splendido paese che è l’Italia” Rita trovò modo di creare a Roma nel 1969 il Laboratorio di Biologia Cellulare. Una vita di ricerche fu riconosciuta nell’attribuzione del Premio Nobel nel 1989.

Insisteva sull’importanza dei valori (specialmente per i giovani) e la loro funzione etica nel singolo. Così fu ambassatrice per la FAO e Presidente dell’Associazione italiana della Sclerosi Multipla. Fu nominata Senatrice a vita nel 2001 ’per altissimi meriti in campo scientifico e sociale’.

Legatissima alla famiglia, Rita rinunciò al matrimonio perché era convinta che il suo lavoro mai si conciliasse con i ruoli di moglie e madre, “una donna non può essere tutto, non in questo secolo.”

Grazie, Enrica, di una presentazione esemplare.