Nella sua presentazione sulle Brigate Rosse Paolo Giannone ha fatto una scelta ristretta di protagonisti e di avvenimenti per spiegare come il gruppo terroristico sconvolgesse l’Italia per una ventina d’anni dal 1970 in poi.

I brigatisti sostennero che il periodo della resistenza armata contro i nazi-fascisti non era finito, che bisognava eliminare lo stato imperialista delle multinazionali e imporre l’uscita dell’Italia dalla NATO.  Mirarono a stabilire la dittatura del proletariato attraverso la lotta armata. Tra i circa mille aderenti alle Brigate Rosse, Paolo ha identificato Renato Curcio, Margherita Cagol, Alberto Franceschini e Mario Moretti che tramite la propaganda e gli attacchi cercarono di intimidire i dirigenti e il personale delle fabbriche (ad esempio il sequestro di Idalgo Macchiarini fotografato col cartello intorno al collo). Poi allargarono la violenza ai giornalisti, tra cui Indro Montanelli.  

Dopo l’arresto di Curcio e Franceschini nel 1974 grazie al lavoro efficace del Generale Alberto dalla Chiesa, Mario Moretti trasformò le Brigate Rosse in un’organizzazione piú guerrigliera. Fu Moretti che, nel 1978, pianificò il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro. Fu un attacco complesso al cuore dello stato, però l’episodio contribuí al declino delle Brigate Rosse. Paolo ha messo in rilievo gli aspetti misteriosi e inquietanti del sequestro: che né gli americani né i russi volevano che i comunisti diventassero parte del governo; che la Mafia e i servizi  segreti sapevano dove Moro era imprigionato.

Paolo ha concluso che Le Brigate Rosse lasciarono l’eredità pesante di un paese spaccato in due, in cui la normalità era irraggiungibile.

Grazie Paolo di averci fatto riflettere sulla violenza nel mondo moderno.